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Presentazione della mostra personale tenutasi presso la sala espositiva comunale di Città di Castello nel 1998. Autore Ferdinando Cerretti.

Il taglio più netto lo colora il tempo. Tempo storico, culturale, che accompagna il fenomeno, la cosa al suo apparire. Taglio o tela. Quadro o vela: il nome è se insiste nell’idea. L’idea è di un soggetto che affiora rintracciando nella materia, per l’avvenuta interruzione, la propria memoria, la cui guancia espone al tempo.

L’emerso è tale che è immerso nel nuovo elemento. Il taglio è l’attraversata dell’immaginario che in superficie sulla tela s’intraccia, sulla rotta s’invela. Come dire che se la traccia è rinvio ad altro, questo-altro tenta con la pittura la sua visibilità. Altro-tempo che copre. Del rimosso la cifra è l’orma, in direzione della quale si muove l’avventura artistica. Quando si parla di memoria che affiora e nella resa è leggibile – il quadro il dipinto – referenze o coordinate non sono date una volta per tutte. Il taglio è esposto alla copertura e la copertura al taglio. Memoria fluida anziché stratificata. Unica pulsione il conscio che vede il buio e l’inconscio risalente alla luce. Arduo percorso ogni volta rintracciare il riguardevole del mimetico, ciò che del nascosto rivela il passaggio senza il raffronto con la figura naturata, per l’avvenuta introiezione.

Vedere qualcosa è connettere, è rinviare ad altro sino al farsi-come. Nel farsi-come, l’arte nulla lascia d’intentato coniugando vedere e celare.

Il come-del-farsi. C’è la volta di una corteccia da canto notturno: un regno lunare, orfico, in cui l’inatteso si palesa. Il quadro di dimensioni ridotte offre una percezione dilatata. In vista sottostante la presenza di un binario breve di alba-tramonto, il pronunciarsi di un percorso in prossimità obbligato, inquietante accenno da subito pacificato.

C’è il rosso magmatico e nodo resistente, inconcusso, per una introiezione insaziata, non facilmente enucleabile – dato il contrasto compatto col nero.

C’è una lettera mai partita mai pervenuta. Corrispondenza trattenuta sul nascere? Anche qui il nero non si lascia superare anzi traspare dal fondo della nuvola d’oro. A una individualità irrinunciabilepotrebbe alludere l’epistola autografata, all’impossibilità della stessa smemoratezza di smarrirsi nel nulla. Impossibilità della stessa solitudine di separarsi dal contesto.

Ci sono segni de-tenuti in palmo di mano. Sì-no: sono i segni sulla parete della cella carceraria dei giorni che passano e non hanno altro svago del muro, indelebile schermo.

C’è da leggere da vedere... c’è e c’è altro: esserci del rinvio che nel frattempo si mostra. Si mostra e attende all’irrinunciabile.

Ferdinando Cerretti

 

Testo di Ferdinando Cerretti per una mia mostra tenutasi ad Arezzo nel 2000.

 

            Il soggetto attraversante la realtà è da essa attraversato. Tale soggetto – il Desiderio, la Memoria – non è l’immobile autoreferente, soggiace invece al flusso delle discontinuità traccianti per tutti i punti, i tagli.

L’artista evocante assiste oltre i traslati, gli spostamenti del sottosuolo, secondo quantità variabili.

Nell’opera di Marco Baldicchi, l’immagine non è composta dall’oggetto, ma dalla materia che come evento e come arte irrompe. La juta dei sacchi del caffè, raccolto in Brasile, segue la trasferta sino a destinazione. Colore e aroma si trasportano sul banco con il preparato nelle tazzine, non come oggetto di consumo, bensì effetto di una atmosfera, del calore colorato di un ambiente, così sul nitore spanso, rinviante al contenente di porcellana, si rintracciano le chiazze del contenuto. Sono le emozioni, gli affetti a stare al posto del prodotto consumato. La materia in soglia si spinge sulle prome, il Desiderio attiva falde lungo resistenze fratte.

 
Ferdinando Cerretti

 



 

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