Per Nuvolo (1926-2008) ogni nuovo lavoro è un’avventura in nuovi ed inediti problemi: se non ponesse difficoltà, come è solito dire, non vi potrebbe essere interesse e ‘gusto’ nel farlo, diventerebbe ripetizione e indifferente lavoro di routine.
Questo approccio orientato ad una costante ricerca si manifesta fin dall’inizio della sua attività e lo porta a differenziarsi dall’uso che della serigrafia veniva fatto nella grafica pubblicitaria industriale. Sono gli anni del dopoguerra, tempi pioneristici per chi si vuole interessare di una tecnica ancora giovane, poco sviluppata e con mezzi limitatissimi, soprattutto se si ricercano nuove tecniche applicative anche nel settore delle arti visive.
Nuvolo effettua le prime sperimentazioni a Città di Castello, prima con l’aiuto di alcuni docenti di tecniche grafiche e di fotoincisione dell’IPSIA, istituzione scolastica per le arti grafiche, poi da solo nel proprio laboratorio artigianale. È il primo in Italia che opera con la serigrafia fotografica, con scarsissimi mezzi, con gelatine al bicromato prese in prestito dalla tecnica del rotocalco.
Le sperimentazioni saranno continuate, tra la fine degli anni Quaranta e i primissimi Cinquanta, anche a Roma negli studi di artisti, Edgardo Mannucci, Alberto Burri, Ettore Colla, presso i quali era ospite, e poi nel proprio di via Margutta.
Contemporaneamente lavora come serigrafo fotografico presso studi di grafica pubblicitaria, in laboratori creati con altri soci e poi aprendo il proprio laboratorio alle proposte lavorative esterne. Anche se questa attività viene fin dall’inizio tenuta ben scissa dalla propria attività artistica, a volte nei lavori di grafica commerciale possono essere riscontrabili applicazioni di invenzioni formali e tecniche già presenti in suoi quadri.
Tra il 1953 e il 1954 sono posti in commercio dalla ditta Argon nuovi materiali che permettono un salto qualitativo alla tecnica serigrafica: colori, telai di nuova concezione e la base di stampa universale, di produzione non più artigianale ma industriale. Sono gli anni nei quali Nuvolo frequenta attivamente lo studio di Ettore Colla e inizia la collaborazione con il periodico della Fondazione Origine “Arti visive”, stampato presso l’IPSIA di Città di Castello, diretto dallo stesso Colla con Emilio Villa e di cui sarà chiamato ad essere direttore responsabile il fratello Ascanio Ascani, detto “Riri”.
Walter Benjamin, nel noto testo “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”, mette in dubbio la possibilità che le tecniche moderne possano mantenere sia l’“aura” che l’“hic et nunc” dell’opera d’arte: lo sforzo di Nuvolo e del suo atelier è continuamente quello di rispondere a questa sfida. Se l’obiettivo è dunque quello di modificare il meno possibile la qualità dell’“aura” dell’opera nel passaggio da uno stato fisico ad un’altro, è necessario operare una costante ridefinizione nel corso della trasformazione che diviene il nuovo “qui e ora” dell’opera.
Nuvolo crea una sua pittura con la serigrafia per realizzare dei pezzi unici, affinando la tecnica fino ad ottenere un controllo estremo del mezzo.
col contributo di Aldo Iori
SEROTIPIA.
Nome dato da Emilio Villa a questa tecnica serigrafica inventata a Roma da Nuvolo nei primi anni ’50. Occorre usare un medio diverso per ogni colore, così che non si possano mescolare tra di loro. Dopodichè, disponendo sul telaio serigrafico contemporaneamente tutti i colori, con una sola passata della racla, si ottiene un “unico”. Ogni opera è un pezzo di bravura e virtuosismo. Questo risultato è possibile solo se si ha il controllo assoluto del mezzo tecnico.
"Nuvolo ed io".
(testo per il libro 'Nuvolo - c'ho da fare' - Petruzzi editore - 2019)
Mia madre era molto amica della sorella di Nuvolo, Maria Teresa, detta Pupa; lei aveva un distributore di benzina davanti a casa nostra e, ricordo che da piccolo, sentii pronunciare per la prima volta uno strano nome durante una delle loro solite chiacchierate:
- Nuvolo è sempre a Roma? -
- Sì -.
Nuvolo. Roma. Due parole che mi parvero magiche.
Molto tempo dopo, nel 1998, rispondendo all’invito a visitare una mia mostra personale a Città di Castello, Nuvolo venne e si fermò a lungo nei locali dove esponevo. Non ero per lui di certo uno sconosciuto, poiché andavo già ogni tanto a trovarlo per mostrargli qualche mio lavoro. Commentò quadro per quadro con molta schiettezza, dicendomi quello che secondo lui andava e quello che non andava. Dopodiché mi accennò che aveva bisogno di un aiuto per fare certi libri e altre cose. Poco dopo però ebbe un infarto, così andai all’ospedale a trovarlo. Indossai la tuta verde e i calzari per accedere alla Terapia Intensiva. Mi aspettavo una persona sofferente, e invece appena mi vide, senza preamboli, mi disse:
- Allora, più tardi vai in ferramenta e prendi la colla Sichozell e un barattolo di Vinavil NPC. Appena esco ti telefono e cominciamo -.
Ricordo ancora quella telefonata. Il nostro nuovo inizio.
Da lui ho scoperto che la sigla NPC posta sui barattoli di quella marca di colla non vuol dire nient'altro che “Nuvolo Per Colore”. Il chimico che inventò il Vinavil, infatti, era suo amico e un giorno il maestro gli disse che aveva bisogno di una colla con cui mescolare i colori, ma che seccandosi diventasse trasparente, cosicché quelli risultassero ben visibili. E così fu...
Nuvolo era molto abile con le mani. Sapeva fare di tutto. Fu per questo che venne chiamato dal suo amico Alberto Burri, nel 1949, a Roma per aiutarlo. Il telegramma che Burri gli inviò recitava così: “Ho bisogno di te, vieni a Roma, Burri - Stop”. Lui andò e vi rimase per quaranta anni. Non occorre dire cosa fosse Roma nel dopoguerra. Tutto succedeva lì. I primi tempi però furono durissimi. Nuvolo cominciò con l’aiutare Burri, ma grazie alla sua abilità collaborò anche con altri, fra cui Amerigo Tot nella realizzazione del fregio della Stazione Termini. Con Burri realizzò alcune decorazioni di ingressi di grandi palazzi. Fondamentale fu poi la conoscenza e la fratellanza che stabilì con Emilio Villa, il grande poeta e mentore della nuova arte, nascente in quel periodo, sodale di Nuvolo, Burri, Mannucci, Colla, Cagli, Capogrossi e tanti altri. Con Nuvolo dividevano tutto, perfino i giacigli di fortuna sotto i ponti di Roma o per terra negli studi di Mannucci e Burri. Il 'cuscino' di Villa altro non era se non la valigia di cartone che custodiva i suoi scritti d'arte e le sue poesie. La sera, prima di coricarsi, coperto da fogli di giornale, mettendo quella valigia sotto la testa era solito dire:
- Io alle mie comodità non ci rinuncio!-
Un altro dei racconti riguardava lo studio di Burri, che era in via Margutta, a ridosso della collina del Pincio. Il bagno dava sul terrapieno e c'era sempre un problema di umidità e muffa cui cercavano di ovviare spennellando del catrame sul muro, ma il problema si ripresentava puntualmente poco tempo dopo. Un giorno capitò che Nuvolo dovette recarsi al porto di Civitavecchia per certi affari. Mentre era lì che aspettava, la sua attenzione venne attratta dai container sbarcati dalle navi. Pensò che quelle enormi casse metalliche dovevano affrontare lunghi viaggi nelle stive umide delle navi e si chiese come facessero per tenerli asciutti. Si avvicinò a uno di questi che era aperto e vide che internamente era rivestito da dei pannelli di un materiale particolare che si chiamava cellotex. Così ne prese alcuni pezzi e tornò a Roma. Rivestì il bagno coi pannelli e quando Burri rientrò gli disse: - Vai a vedere il bagno - .
E il problema fu risolto. A Burri il materiale piacque anche per altri motivi. Anche Nuvolo usò il cellotex come supporto per dei suoi lavori.
Una volta gli chiesi chi fosse quel signore ritratto in una piccola foto in bianco e nero che teneva su una mensola dello studio. Mi disse che era Ettore Colla. - È stato il mio secondo babbo - aggiunse - gli devo tutto. Tutte le sere quando partivo da casa sua, dove c’era la redazione della rivista “Arti Visive”, mi dava la mano come per salutarmi, ma era per non farsi accorgere da sua moglie, infatti dentro c’era ripiegata una banconota da 500 lire, con cui avrei potuto fare la spesa per me e mia moglie Liana e comprare il biglietto del tram per tornare il giorno dopo -.
Numerosi sono anche gli aneddoti che mi raccontò sul periodo romano, sulla breve pausa milanese presso lo studio di Fontana, ma soprattutto dell’avventura di “Arti Visive”. Il modo in cui riusciva a descrivere certi fatti o situazioni li rendeva così vivi che pareva di esserci.
Col Maestro ho collaborato a realizzare a mano tutti i libri d’artista che aveva da completare e poi tutti quelli che progettò insieme ad artisti, poeti e scrittori, fra i quali Mario Diacono, Bruno Corà, Aldo Tagliaferri, Aldo Iori. Complessivamente oltre 500 volumi. Le esodizioni sono state riunite sotto il marchio dei Libri di AIEUO di Bruno Corà. Inoltre ho lavorato a tutte le altre attività che il suo Studio portò avanti in quegli otto anni che mi videro al suo fianco, sia come assistente, sia come ideatore ed organizzatore (nel 2004 la mostra dei Libri d’Artista di Nuvolo presso la Tipografia Grifani-Donati, quale evento collaterale della II edizione della Mostra mercato del Libro e della Stampa antichi di Città di Castello e al termine della quale la conferenza sul tema “Il Libro d’Artista di Nuvolo”, che ha visto la partecipazione di alcuni degli autori).
Nel 2005 il Maestro mi ha onorato scegliendomi come autore di un libro d’artista della serie.
Per me fu una lunga gestazione che durò un anno, fatta di vari tentativi. Nei testi che scrivevo parlavo di lui, egli invece mi diceva che dovevo parlare di me. Alla fine ci riuscii. È stato il suo ultimo libro. Collaborai poi alla realizzazione della mostra e del catalogo Nuvolo lo spazio pittorico tra caos e ordine, a cura di Bruno Corà. Grazie a Nuvolo e anche a seguito di quel libro d’artista, cambiò il mio approccio al fare artistico attraverso il concetto di ‘azione’, cioè l’agire sul mondo sia come presenza testimoniale, sia nella forma.
I racconti su Emilio Villa che ho sentito da lui mi hanno spinto a realizzare l’azione: ‘Io alle mie comodità non ci rinuncio!' -Omaggio a Emilio Villa dedicato a Nuvolo-, che vide anche la sua presenza, sotto il Ponte del Tevere a Città di Castello nel maggio del 2006, accompagnato dal suo grande amico e medico Alessandro Leveque, anche lui autore di un libro d'artista della serie. Durante quell'azione sono state disperse nel fiume alcune pagine di Appunti di viaggio e cinque invenzioni di Nuvolo del 2005, di cui sopra che, idealmente, seguendo la corrente tornavano a Roma, a chiudere un cerchio iniziato cinquant’anni prima con Villa.
È stato grazie a quella prima azione che Claudio Parmiggiani mi ha scritto una lettera in cui chiama “opera-gesto” quel lavoro e da alcuni anni sono entrato in un dialogo profondo con lui.
Nuvolo mi ha mostrato il rigore e la tensione quotidiana e costante nell’approccio al lavoro artistico. La grande moralità e l’eticità perfino nell’uso dei materiali.
È lui che da principio mi ha spiegato cosa facevo, me ne ha dato la consapevolezza.
Il suo esempio è andato oltre l’arte, è stato soprattutto un esempio umano di grandissimo valore che ha segnato per sempre la mia vita. Il Maestro è colui, o colei, che ti rende migliore. A lui devo veramente tanto.
Marco Baldicchi, dicembre 2018.
(FOTO IN ALTO MIA)
|