Articolo apparso su "L'Altrapagina"

IN ARTICULO MORTIS

Il furto della statua di Santa Caterina, già sita nell’edicola all’angolo tra via S. Caterina e via dell’Ariento, non è che l’ultimo di una serie di “fatti” susseguitisi negli ultimi tempi a Castello e che stanno trasformando il volto della città.

Fatti dolosi e fatti irriguardosi della storia e della tradizione culturale non solo locale.

Vorrei fare alcuni esempi di ciò che intendo.

Sono ormai quasi tutti scomparsi i cippi agli angoli delle strade del centro, alcuni dei quali antichi e scolpiti in belle forme, distrutti dalle automobili che si ostinano a girare nelle anguste vie senza ritegno e senza motivo, mentre un centro storico così piccolo sarebbe molto più vivibile senz’altro traffico che quello dei residenti o dei fornitori dei negozi del centro.

Stanno sparendo tutti gli altorilievi dei Palazzi storici (dal Palazzo del Podestà al Palazzo dei Priori, alle teste di bufalo delle finestre del Palazzo Bufalini, ecc…).

Esistono dei trattamenti per la pietra serena, vale la pena provare. I politici locali affrontano questi argomenti in determinati periodi dell’anno riducendoli a sterili critiche solo per interessi di bottega, ma senza un vero interesse per la città.

La spoliazione nelle nostre campagne di chiese abbandonate a se stesse: un esempio su tutti Santa Felicita di Paterna, la quale è stata saccheggiata, degli altari, del pavimento in cotto, dell’architrave in pietra serena della canonica che aveva una croce a coda di rondine inscritta in un cerchio e una iscrizione in caratteri gotici; quello che non sono riusciti a portare via è stato spaccato e distrutto, così come nella maggior parte delle chiese di campagna, non per questo meno importanti, del comprensorio altotiberino umbro-toscano, vedere per credere. E’ sparita la colonna romana di marmo bianco scanalata sita all’angolo di un casolare di Titta, della quale conservo una foto; sono sparite varie statue e immagini di edicole religiose delle vie, tra cui il San Michele di via S.Andrea.

E’ sotto gli occhi di tutti, in ogni mercatino dell’antiquariato d’Italia, la quantità di oggetti in vendita che provengono da scavi clandestini (dei metal-detector, o da chiese saccheggiate) e  di altre cose come la Santa Caterina di cui sopra, delle Carte Gloria, dei candelieri, degli ex-voto, che non possono essere commercializzati, ecc…

O anche certe mode di importazione che riempiono di graffiti le vie, ma che a livello locale sono solo lo scimmiottamento di quelle e che dietro hanno solo uno spaventoso vuoto.

L’arbitrario cambiamento di nomi delle vie, da via del Crasso a via del grasso; i  cartelli turistici con le date sbagliate, ecc… ecc…

Tutti questi fatti concorrono ad “anonimizzare” il volto della nostra come di altre città, rendendo tutto pressappoco uguale e standardizzato, trascinandoci verso quel Mc Donald della cultura che fa tanto comodo a qualcuno e che renderà il mondo tragicamente uguale e piatto.

Lo sguardo apotropaico delle nostre vecchie statue, nei bui vicoli della città, non è più sufficiente a proteggerci contro la decadenza generale.

Occorre riappropriarci delle radici per crearne di altre, nuove e profonde, rinsaldando i legami con la tradizione e con le persone, anche straniere, che arrivano da paesi lontani e che ignorano la cultura del posto che li ospita, ma che spesso trova impreparati a riceverli gli stessi abitanti del luogo di arrivo.

                                   MARCO BALDICCHI.

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